... C’era un’altra stazione di un certo peso:
, FM 98 MHz, con sede in Via Settembrini 1.
Era la quarta radio milanese per nascita, tanto che inizialmente aveva assunto la denominazione di
ed aveva avviato le trasmissioni nell'ottobre 1975.
Pur avendo dato i natali radiofonici a conduttori che sarebbero poi divenuti emblema della radiofonia commerciale, come Max Venegoni e Guido Monti, essa era da tempo alla ricerca
di un’identità
editoriale più marcata.
Fu così che, sul finire del lustro euforico (sul piano radiotelevisivo), alcuni collaboratori di Radio Milano Libera, tra cui il fondatore Mario Giusti e il giornalista
Gianni Barbacetto (oggi in MicroMega e al Fatto quotidiano), iniziarono a riflettere sull’opportunità di convogliare le esperienze positive degli anni precedenti
(tenendo conto anche di quelle negative) per valorizzare quelle nuove forme di giornalismo spontaneo che le radio libere avevano consentito di far emergere.
Così, a partire dai primi mesi del 1979 un gruppo di operatori radiofonici, in gran parte facenti riferimento al PDUP (Partito di Unità Proletaria per il comunismo,
espressione di estrema sinistra parlamentare)e al MLS (Movimento Lavoratori per il Socialismo, nome che fu adottato dal partito nato il 1º febbraio 1976 dal Movimento Studentesco),
posero le basi per la nascita di un organizzato progetto informativo locale che potesse conciliare l’anima musicale della radio con quella informativa, senza inquinarle
reciprocamente.
A loro modo di vedere, la soluzione ideale consisteva in un’unica emittente divisa in due reti: una sola identità editoriale con due formule espressive.
L’idea era quella di una radio, esclusivamente metropolitana, che attingesse alle storiche esperienze di Radio Città di Bologna e, soprattutto, di Radio Città Futura di Roma,
con le quali ci sarebbero stati dei proficui scambi di contribuzione editoriale.
Di qui il nome RADIO CITTA' 1 e 2.
La sede venne trasferita in Corso di Porta Romana 55. Radio Città 1 aveva un format prevalentemente musicale, Radio Città 2 era prevalentemente informativa.
“La novità sostanziale del progetto è costituita dall’articolazione e dalla distinzione in due reti di un unico progetto radiofonico, Radio Città 1 e Radio Città 2,
che fanno capo a due diverse tipologie di pubblico”, spiegava nell’aprile 1980 a Millecanali
Marco Garofalo , direttore responsabile e artistico del progetto.
Secondo Garofalo, il target avrebbe dovuto essere “da un lato il lettore informato di quotidiani in possesso di una cultura media, che fa opinione più che subirla;
dall’altro, la schiera dei non lettori: i telespettatori del sabato sera, i meno informati, cioè coloro i quali esigono dalla radio un prodotto più immediato e facile
da ascoltare”.
Sul piano della differenziazione, così il direttore responsabile di Radio Città illustrava le distinzioni: “La rete d’intrattenimento sarà una colonna musicale continua
inframmezzata da notizie flash, interventi estemporanei, gag e rimandi frequenti a quanto si sta trasmettendo sull’altra rete". "Bisogna sorprendere l’ascoltatore con
un alto livello di stupore, con un umorismo alla Jannacci, tanto per intenderci, che ha le sue radici nei fatti quotidiani - illustrava il coordinatore della stazione -
La rete informativa sarà dotata di un palinsesto più organizzato, con otto o nove edizioni del radiogiornale, rubriche per dare delle risposte più approfondite.
Verranno anche privilegiate le opinioni a caldo e questo consentirà di raccogliere pareri extra-redazionali: la radio funzionerà come un centro di raccolta e smistamento
di opinioni”. Il palinsesto della rete informativa (Radio Città 2 FM 98,000 MHz), suddiviso nella mattinata in due talk show continui dalle 7.00 alle 13.30,
prevedeva: 12 edizioni flash di notiziari, 2 radiogiornali principali, un giornale radio milanese di attualità, servizi di cronaca, costume, cultura cittadina,
sport (Fotofinish) e perfino una pagina in lingua inglese (International News).
La rete musicale (Radio Città 1 94,450 MHz) offriva invece pagine artistiche come: Music Magazine, Rock Show,Clsssifica, City Lights.
L’organizzazione, a differenza di iniziative similari del tempo, bandiva il volontariato volendo garantirsi professionalità ed indipendenza: 20 persone stipendiate in redazione (300.000 lire per il tempo pieno e 180.000 per il part-time) e altri 20 collaboratori retribuiti per le mansioni amministrative, tecniche o l’attività di free-lance.
Un complesso – decisamente non indifferente – di 40 persone rimunerate per gestire due radio locali: una scommessa non da poco, per i tempi, ma con in sé il seme del fallimento.
Così infatti affermava Garofalo a riguardo del rischio di riproporre un’organizzazione del lavoro verticale, con ruoli definiti in ambiti ristretti, lasciando invero trapelare un approccio troppo utopistico al progetto che mal si conciliava con l’oggettività dell’impegno economico: “Noi non pensiamo di dover abolire la divisione del lavoro, anche se ad essa non corrisponde necessariamente la parcellizzazione del lavoro. Nella radio si sono ritrovate una serie di esperienze personali e lavorative largamente coincidenti negli obiettivi e nel progetto. Conseguentemente a ciò, l’intero corpo redazionale si è organizzato secondo ruoli propri scelti sulla base della necessità”.
Su queste basi, il 1° maggio 1980, partirono le trasmissioni di Radio Città 1 e 2 con una sorta di formula ibrida talk radio/all news per la rete 2 (98,000 MHz) e una selezione musicale di qualità per la rete 1 (94,450 MHz), che spaziava dal rock dei cantautori italiani alle composizioni alternative di Demetrio Stratos (il cui concerto milanese dedicato del 1979 era stato supportato proprio da una
in fase di trasformazione in Radio Città), dalla musica di Bernardo Lanzetti alle nuove sonorità degli Echo & The Bunnyman e degli A Certain Ratio.
Il riscontro del pubblico fu sostanzialmente positivo e la radio si fece conoscere velocemente con un’intensa attività organizzativa di concerti: il logo di Radio Città compariva immancabilmente su tutti i grandi manifesti, come quello - il primo importante organizzato con Muratti Music - di
Bob Marley del giugno 1980.
E proprio l'organizzazione di concerti era la principale fonte di ricavi dell’emittente, la quale, come quasi sempre accadeva con le radio di sinistra,
soffriva di un’incapacità nella gestione della vendita della classica pubblicità tabellare.
Rilevante, a riguardo, fu una lunga collaborazione con la discoteca milanese Odissea 2001, dove si tenevano sessioni musicali di artisti in sintonia con la linea
editoriale di Radio Città e che venivano poi riproposte (non in diretta) sulla rete 1.
Ma i nodi economici vennero presto al pettine: il progetto si dimostrò costare troppo rispetto alle entrate garantite dall’organizzazione di manifestazioni musicali
e ciò anche a causa del progressivo spostamento dei gusti musicali del pubblico verso la musica commerciale (che avrebbe segnato gli anni ’80).
La riduzione dell’affluenza ai megaconcerti, che avevano caratterizzato il decennio precedente, prosciugò presto le casse della società editrice radiofonica al punto che,
non raramente, gli introiti delle manifestazioni compensavano a stento i costi organizzativi delle stesse, senza fornire nessun guadagno
(essenziale per il sostentamento della radio, che non godeva di nessuna altra forma di contribuzione).
Così, a circa due anni dal suo debutto, l’ambizioso progetto Radio Città andò in crisi e la società fu presto costretta alla liquidazione.
Le sue due importanti frequenze furono divise tra la rampante
(che dalla Toscana stava colonizzando l’Italia)
- che fece l’ingresso in città sui 94,450 MHz - e
la radio della Diocesi di Milano, che bissò la sua presenza metropolitana (era già attiva sui 98,400 MHz dall’Hotel Michelangelo), coi 98,000 MHz.